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Arciconfraternita
del Carmine
Ostuni
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La parola “confratello” nel 2013 non è una variante dialettale o una curiosità antropologica. Significa, invece, far parte di una storia, di una tradizione da conservare e preservare. Nei nostri cognomi, fin dal lontano XVI secolo, continuano a rivivere e agire personaggi, ostunesi radicati nella propria società e, da sempre e come sempre, ispirati a una sincera fede. Confratello significa appartenere, agire per contribuire, essere laicamente parte di un organismo vitale e radicato nel territorio. Ancora oggi, e questo è il lascito per i nostri giovani, incontrarsi per pregare significa avvicinarsi a un mistero, capirlo per appartenergli, agire per contribuire: sono questi gli assi sottesi all’agire confraternale, ne sono le parole chiave, l’intima e vera ragione dell’esistenza, ancora oggi di organizzazioni laicali, vitali e in crescita.
Non è un caso che i confratelli della Venerabile Confraternita di Maria Santissima del Carmine di Ostuni sfiorino il migliaio. La nostra stessa nascita nella seconda metà del XV secolo si inserisce in una fase storica movimentata per la città bianca e per l’intera regione. Vividi documenti la mostrano tra il 1583 e il 1584 ormai costituita e posta al di fuori delle mura aragonesi. Il Seicento la vede pienamente operativa in un momento sociale così grave da spingerla a supplire ad uno Stato assente e reinventare un associazionismo impegnato attraverso le donazioni dei benestanti a incanalare fondi e risorse per assistere i più deboli. In questi anni risorge il convento con la sua sontuosa chiesa di ben 12 cappelle. Un compiaciuto orgoglio traspare nei documenti e nelle opere d’arte che la rendono uno tra i più interessanti contenitori storico-artistici dell’intero territorio. Le donazioni si susseguono e per tutto il secolo permane questa vivacità culturale e religiosa mentre il culto della Santissima Madonna del Carmine via via si compenetra radicandosi nell’animo dell’intera cittadinanza, che nel 1675 la elegge Protettrice e Patrona di Ostuni. Del 1689 è la petizione per l’erezione della Confraternita e l’approvazione delle Regole e Capitoli della stessa. Il Settecento segna per la chiesa una serie di rifacimenti genericamente definibili barocchi e nel 1748 avviene la quasi totale dispersione dell’elegante apparato rinascimentale dell’altare maggiore. Caso raro nel panorama nazionale, nel 1755 la Confraternita del Carmine e quella dell’Immacolata Concezione si uniscono, mentre ricche famiglie danno lustro artistico alla rinnovata chiesa. La fine del Settecento testimonia la crisi generale del territorio e una maggiore stratificazione sociale testimonia la vitalità e la capacità attrattiva dell’associazionismo mariano conservando una forte rilevanza sociale ed economica. Gli anni tra il 1799 e il 1806 rappresentano un momento di svolta perché le confraternite, venuta meno la presenza degli ordini monastici, colmano il vuoto sociale ma anche economico (si ricordi come i conventi fossero visti quali serbatoi di ricchezza e centri di formazione culturale e religiosa), vedendo per tutto il secolo accresciuta la propria opera e importanza. Inesorabile, però, è anche la decadenza. Nel 1867 il convento diventa asilo infantile e nel 1868 iniziano una serie di estesi lavori all’oratorio. Una crisi profonda, eppure per tutto il secolo continuano numerose le adesioni e lo zelo e la pietà dei confratelli portano nel 1891 all’importante commissione all’architetto Gaetano Iurleo della nuova e attuale facciata. Tutto il Novecento, così vicino eppure storicamente lontano, la vede protagonista di tutte le principali fasi della vita cittadina, il primo conflitto con i confratelli che più non torneranno dal fronte, le migrazioni in terre lontane, il fascismo (essere confratelli era anche un modo per sfuggire all’omologazione del regime), il secondo conflitto, la febbrile ripresa del dopoguerra. L’archivio della confraternita è fonte preziosa da difendere e tramandare perché ricco di vivide istantanee di un gruppo di uomini in cammino con i loro piccoli sogni, le contese, i litigi, ma sempre una sincera fede e una visione prettamente cristiana della condivisione di intenti di dolori e di ideali. Le assemblee degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta sono tutte caratterizzate da accesi dibattiti e da una singolare e coraggiosa autonomia, gli anni del miracolo italiano e della grande illusione hanno un forte impatto sui nuovi assetti sociali eppure tra il 1976 e il 1977 la confraternita festeggia il bicentenario dell’approvazione dello Statuto e orgogliosamente difende la propria processione e il plurisecolare ruolo svolto nella tumulazione dei propri confratelli, come testimoniano i continui ampliamenti del Gentilizio. Nel 1993 la confraternita assume l’iniziativa di far realizzare un libro sulla propria storia, sono commissionate nuove opere d’arte e, da gelosa custode del passato, strizzando un occhio alle nuove tecnologie, va alla conquista del nuovo millennio certa di poter continuare a svolgere il proprio ruolo di associazione custode dei valori cristiani e laici.

ANTONIO TODISCO
PAOLA LISIMBERTI

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